Una Pensione Integrativa a 50 anni? Ma Ti Conviene?

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Scritto da Christiano

Agente di commercio, responsabile di area, responsabile di filiale ed infine, dal 2006 ad oggi, direttore della divisione noleggio della più importante società italiana di prefabbricazione metallica leggera. Appassionato di investimenti e sempre alla ricerca di modi per creare ricchezza, dal 2014 il mio obiettivo è diventato quello di raggiungere la libertà finanziaria, magari aiutando anche te…

Purtroppo i bei tempi in cui si andava in pensione a cinquant’anni e con una cifra pari all’ultimo stipendio o quasi sono finiti. Invece adesso, a cinquant’anni, sei costretto a pensare all’eventuale integrazione dell’assegno statale, che è chiaramente insufficiente, per avere la speranza di vivere dignitosamente la tua vecchiaia.

Ma la pensione integrativa è veramente la tua migliore opportunità? Questo strumento molto semplice ti consente di versare ogni mese una cifra stabilita che, piano piano, andrà a costituire un capitale capace di integrare il tuo stile di vita quando smetterai di lavorare. In questo articolo, oltre a fornirti alcune risposte, cercherò, soprattutto, di offrirti alcuni spunti di riflessione per aiutarti a compiere una scelta autonoma e consapevole.

Tieni presente, comunque, che non sono assolutamente titolato a fornire consigli di investimento per cui, quanto ti appresti a leggere, non sono altro che le mie personali opinioni e non consigli di investimento.

Come Funziona una Pensione Integrativa?

Aderendo ad un fondo pensione integrativo, una volta raggiunti i requisiti di età e contribuzione richiesti, avrai la possibilità di incassare un capitale o una rendita, che ti aiuti ad integrare l’assegno statale. In pratica dovrai versare una determinata cifra mensile, o annuale, allo scopo di creare un capitale futuro capace di sostenere il tuo stile di vita.

Tuttavia è importante farti notare che il capitale che destini ad un fondo pensione difficilmente potrà rientrare nelle tue tasche, se non alla fine della tua carriera lavorativa, e cioè quando avrai maturato i requisiti per la pensione.

In alcuni casi è possibile prelevare parte dei fondi versati e comunque, arrivato a cinquant’anni, molto probabilmente dovrai attendere non più di 10/15 anni ed il problema è relativo. Se ci pensi, per un vent’enne la scelta è molto più difficile: potenzialmente, sarà costretto ad attendere un periodo molto più lungo e, nel frattempo, dovrà privarsi di parte del reddito perché dovrà farlo confluire nel fondo pensione.

Se sei un lettore del blog sai bene che non vedo di buon occhio il risparmio gestito: per me è proprio l’ultima alternativa possibile! Ad ogni buon conto, nel caso dei piani pensionistici integrativi, i vantaggi sono superiori, in quanto lo Stato ha previsto incentivi specifici che potrai approfondire maggiormente nel paragrafo dedicato alla convenienza o meno ad aderire a questa forma complementare.

Le Diverse Tipologie di Fondi Pensione

La previdenza complementare è disciplinata dal Decreto Legislativo 252 del 5 dicembre 2005. La norma sarebbe dovuta entrare in vigore il 1° gennaio 2008, ma è stata anticipata al 1° gennaio 2007 dalla Legge 296 del 27 dicembre 2006.

Sulla base di questo decreto, sono stati istituiti tre principali tipologie di fondi che si sono aggiunte ad una quarta già esistente:

  1. FONDI CHIUSI (art. 3 del D. lgs. 252/2005), forme pensionistiche complementari istituite dai rappresentanti delle parti (rappresentanti dei lavoratori e delle imprese) nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale;
  2. FONDI APERTI (art. 12 del D. lgs. 252/2005), forme pensionistiche complementari istituite da banche, assicurazioni, SGR (Società di Gestione del Risparmio) o SIM (Società di Intermediazione Mobiliare);
  3. PIP, cioè Piani Pensionistici Individuali (art. 13 del D. lgs. 252/2005). In pratica delle coperture assicurative sulla vita, ma con finalità previdenziali;
  4. FONDI PENSIONE PREESISTENTI. Questa tipologia di fondo pensione non è stata creata dal D. lgs. 252/2005 in quanto si tratta di fondi collettivi già esistenti alla data del 15 novembre 1992, il primo provvedimento che ha di fatto istituito la previdenza complementare.

Quanto Versare al Mese?

Quanto versare è strettamente correlato al recupero di quanto mancante dell’assegno pensionistico statale rispetto al tuo ultimo stipendio. Tempo fa la pensione era calcolata su base retributiva per cui, a prescindere da quanto versavi, avevi diritto ad un assegno calcolato sulla base della media degli ultimi 10 anni di lavoro.

Il sistema è poi passato da retributivo a contributivo, per cui adesso la tua pensione è calcolata non più sull’importo nominale dello stipendio, ma sulla base dei contributi che hai effettivamente versato. Come suggerisce il nome, lo scopo della pensione integrativa è integrare quanto verrà a mancare tra l’ultimo stipendio e l’assegno previdenziale che riceverai.

Prendendo a riferimento la tua ultima busta paga, quando andrai in pensione, riceverai un importo pari al 30/35% in meno. Ipotizzando un tuo ultimo stipendio pari a 2.000 euro ti troverai all’incirca con una pensione di 1.300 euro e, se vorrai sempre ricevere 2.000 euro ogni mese, sarai costretto ad integrare i 700 euro mancanti.

I dati che ho riportato sono solamente supposizioni, tuttavia, dal momento che immagino avrai già un bagaglio contributivo di un certo spessore, potrai facilmente verificare la tua situazione previdenziale specifica rivolgendoti all’INPS. Ma non sperare di fare “le nozze con i fichi secchi”, dovrai versare ed anche parecchio, per colmare il tuo divario reddituale.

All’interno di questo tipo di prodotti, infatti, sono inseriti molti costi di gestione o commissioni in genere che, inevitabilmente, distruggeranno la performance del tuo investimento previdenziale… Come pensi che guadagnino tutti i soggetti coinvolti? Prova a fare una simulazione e potrai toccare con mano cosa intendo.

Quando Ti conviene?

Nel caso in cui tu non optassi per la pensione integrativa, tutti i soldi rimarrebbero nelle tue tasche (non in quelle di altri soggetti) e sarebbero immediatamente spendibili in caso di bisogno. Inoltre, se correttamente investiti, potrebbero fornirti un flusso di cassa attivo capace di integrare il tuo reddito pensionistico.

Infatti, anche se non sei più un ventenne, tieni presente che i soldi che versi non sono prelevabili così a cuor leggero. Esistono regole precise e rigide volte a favorire un rimborso (o l’erogazione di una rendita) solamente alla fine della carriera lavorativa. Quindi non contare su questo denaro, perché non potrai prelevarlo a tuo piacimento.

Personalmente ho già sistemato la mia situazione previdenziale e non ho scelto una previdenza complementare, mi sono semplicemente creato una rendita immobiliare capace di sostenere il mio reddito sin da ora e, chiaramente, anche in futuro. Tuttavia questo non significa che la previdenza integrativa non sia conveniente.

La parte più interessante è relativa ai vantaggi fiscali che il legislatore ha previsto per incentivare i cittadini ad iniziare a colmare le sue lacune, togliendogli di fatto le “castagne dal fuoco”… La cosa buffa è che più il tuo reddito è elevato e maggiore è la convenienza ad aderire alla previdenza complementare.

Comunque gli aspetti che a mio avviso dovrai ben valutare sono due:

  1. Se conferire o meno il TFR;
  2. Se e quanto versare in via opzionale.

Affrontiamoli separatamente.

TFR

In base alla tipologia di fondo che andrai a scegliere avrai tre possibili scenari:

  1. Aderire al fondo pensione conferendo per intero il TFR, presente e futuro;
  2. Aderire al fondo pensione con l’obbligo di conferire il TFR futuro, quello che maturerai dal momento dell’adesione in poi;
  3. Tenere il TFR in azienda ed aderire ad un fondo pensione aperto (PIP).

Cosa fare del TFR non è una scelta semplice, perché oltre alla questione del reddito, che ho già avuto modo di indicarti, il trattamento di fine rapporto gode di un rendimento particolarmente privilegiato in questo momento.

Nel momento in cui scrivo l’inflazione sta sfiorando il 12% e non è affatto semplice investire garantendosi un rendimento in linea con la perdita di potere d’acquisto della moneta. Dal momento che il trattamento di fine rapporto può essere riscattato anche dopo molti anni dalla tua assunzione, per evitare che si svaluti eccessivamente, possiede un meccanismo di adeguamento automatico.

Il coefficiente di rivalutazione del TFR si calcola utilizzando il 75% della variazione dell’indice Istat FOI (indice dei prezzi per le famiglie di operai ed impiegati), utilizzato per l’adeguamento dei canoni di locazione e per le rivalutazioni monetarie in genere, a cui sommare 1,5%. Nel momento in cui sto scrivendo questo articolo il tuo TFR si sarebbe rivalutato nell’ultimo anno del 9,27%. Mica male…

Ci attendono anni di forte inflazione e sono più che convinto che sarebbe preferibile lasciarlo in azienda. Tuttavia c’è anche un altro aspetto con cui devi fare i conti: il tuo reddito complessivo. Più guadagni e più hai convenienza a conferirlo all’interno di un fondo pensione.

Ma la scelta non è affatto facile. Tieni duro e continua a leggere!

Se lasci il TFR in azienda, quando lo percepirai dovrai pagare sull’importo lordo maturato una tassa calcolata in base alla tua aliquota media (la percentuale di IRPEF che hai pagato sul tuo reddito complessivo). Più guadagni e più elevata sarà la tua aliquota media e, di conseguenza, le tasse che dovresti pagare quando il TFR ti sarà liquidato.

Se conferirai il TFR in un fondo pensione, invece, avrai la possibilità di pagare un’aliquota media forfettaria pari al 23% e, se riuscirai a ritirarlo solo quando andrai in pensione, godrai di una tassazione ancora più favorevole, un’aliquota compresa tra il 15% ed il 9% sulla base della tua permanenza all’interno del fondo. Queste sono le aliquote IRPEF aggiornate, prova a calcolare la tua aliquota media.

Ogni scelta di investimento dovrebbe essere fatta mettendo a confronto rischi e benefici.

Se guadagni molto, potresti avere un’aliquota media molto elevata. Ad esempio, se tu avessi un reddito lordo di circa 100.000 euro, avresti un’aliquota media pari a circa il 36%. Aderendo ad una qualunque pensione integrativa, potresti dover pagare implicitamente spese e balzelli vari nell’ordine di qualche punto percentuale.

Credo ti convenga risparmiare un 13% all’anno (36% – 23%) pagando un 2/3% di spese di gestione. Sarebbe altrettanto vero per un reddito inferiore? Se tu avessi un reddito lordo di 35.000 euro avresti un’aliquota media pari a circa al 26%… pagando spese e commissioni facilmente andresti ad annullare il vantaggio fiscale.

I Versamenti Aggiuntivi al TFR

Alla base dell’adesione ad una qualunque forma di previdenza integrativa ci sarebbe il versamento del TFR ma, come hai visto nel paragrafo precedente, non è sempre così. Esiste il concreto caso che tu trattenga il trattamento di fine rapporto in azienda, costruendoti contestualmente una pensione integrativa mediante una serie di versamenti mensili.

Su queste cifre destinate ad integrare la tua futura pensione lo Stato ha previsto che, fino ad un limite annuo di € 5.164,57 (i vecchi 10 milioni di lire) tu non debba pagare l’IRPEF. Se guadagni più di 50.000 euro lordi annui significa che, sul tuo reddito marginale, stai pagando il 43% di tasse. Non mi sembra così male poter risparmiare le tasse investendo direttamente il lordo.

Se nutro dubbi per il conferimento del TFR nel fondo, non ho alcun dubbio per quanto concerne questi versamenti aggiuntivi. Il risparmio immediato è compreso tra il 23% ed il 43%, è come se tu avessi un rendimento annuale immediato pari al risparmio fiscale. Anche se il gestore non farà faville, sarà questo aspetto il principale da considerare.

Conclusioni

Quindi ti conviene o meno aderire ad una pensione integrativa a 50 anni? Come spesso capita la risposta è dipende. Lasciando stare la tua inclinazione personale, che è sicuramente diversa da quella di chiunque altro, penso che la scelta dipenda molto dal tuo reddito. Più è elevato e maggiore sarà la tua convenienza!

Altro aspetto importante è la tua capacità di far rendere i tuoi risparmi. È evidente che, se li stai facendo rendere alla grande, non ha senso consegnarli nelle mani di soggetti che andrebbero a gestirli con noncuranza, applicando regole generali e senza senso.

Prova a pensare ai gestori che acquistavano titoli con rendimento negativo, non per un mese, ma per un decennio. Tu, consapevolmente, lasceresti i tuoi soldi nelle mani di altri (è sempre un rischio anche se li dai alla controparte più solida della terra) per 10 lunghi anni, con la consapevolezza di ricavarne meno?

Io piuttosto li userei per imbottirci il materasso, oppure per riempirci la vasca da bagno, non calerebbero e sai che libidine! Scherzi a parte la scelta è solo tua, ma non affidarti ciecamente ad un consulente, fai in modo che la tua sia una scelta consapevole. Prova ad ispirarti leggendo il miglior modo per investire soldi.

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